Natale in Arte - 2009
Il progetto "Natale in Arte", approvato dal Collegio dei Docenti, ha avuto inizio con la selezione di dipinti tutti con tema relativo alla natività di Gesù (dall'Annunciazione alla fuga in Egitto), eseguiti nel corso del periodo storico che va dal Medioevo al Novecento.
Le opere sono state suddivise per grado di difficoltà e assegnate a tutte le classi seconde e terze dell'Istituto, cui è stato affidato il compito di eseguirle non come semplice riproduzione di opere pittoriche ma come rielaborazione originale, frutto di un percorso formativo teso anche alla conoscenza delle tecniche e dei materiali.
I lavori, come in un catalogo, si presentano tutti sotto forma di puzzle in cui ogni tessera è stata eseguita con tecniche e materiali diversi.
Gli elaborati, esposti nei corridoi della Scuola, sono corredati da schede di lettura dell'opera e da riproduzioni fotografiche delle opere originali.
Ogni classe ha provveduto con l'insegnante di lettere a effettuare una lettura analitica dell'opera d'arte collocandola nel corrispettivo periodo storico.
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Autore ignoto - La natività - miniatura ottoniana (X - XI secolo)
A partire dal VII secolo, i grandi centri di produzione libraria dei monasteri (gli scriptoria, "luogo in cui si scrive") aggiungono sempre più spesso illustrazioni e decorazioni alle pagine dei testi sacri che vengono copiati dagli amanuensi, dando origine a una nutrita produzione di Evangeliari a cui, probabilmente, risale la miniatura qui riprodotta che rappresenta la Natività di Gesù. In primo piano a sinistra, parzialmente distesa, la Madonna con un drappo che le copre le gambe, sembra richiamare, con il braccio disteso, l’attenzione di Giuseppe che siede addormentato. Alle loro spalle una tenda si apre lasciando intravedere, in secondo piano, Gesù Bambino posto nella mangiatoia con l’asino e il bue. Al di sopra della tenda, curva per il peso della stoffa, un angelo sta con le braccia aperte quasi a indicare il destino di Cristo crocifisso per la salvezza dell’umanità. Gli sguardi solenni e i gesti dei personaggi guidano l’occhio dello spettatore all’interno della scena, che si sviluppa su uno sfondo dorato come nella tradizione bizantina, dove le figure, pur rigide nel loro schematismo, suggeriscono ugualmente un senso di naturalezza nelle posture. La composizione della scena è equilibrata ed è scandita da una spessa linea di contorno essenzialmente curva che descrive i personaggi e gli oggetti e ne suggerisce i volumi. I colori sono contrastanti e luminosi, resi con stesura uniforme; particolarmente decorativa appare la coperta con il cromatismo geometrico delle pieghe. |
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Pietro Cavallini - La natività di Maria - mosaico - 1291 Particolare delle Storie della Vergine Roma Basilica di S. Maria in Trastevere
L’opera rappresenta la natività di Maria, appena partorita da S. Anna, rappresentata semisdraiata, mentre sullo sfondo due donne le portano bevande e cibi ristoratori. In primo piano a destra le due levatrici fanno il bagnetto alla neonata, Maria, rappresentata con corporatura robusta. In questa umile scena familiare c’è l’inizio di un mondo nuovo. E’ evidente nell’opera una tenace aderenza alle antiche tecniche pittoriche e musive di tradizione paleocristiana e tardo-antica, in particolare bizantina soprattutto nelle figure rappresentate in maniera ieratica. Ciò le conferisce un senso di maestosità classicheggiante al quale gli influssi gotici europei aggiungono scioltezza di linee e morbidezza di forme. In quest’opera Cavallini sembra reinventare la tecnica del mosaico riuscendo ad ottenere un’illusione di profondità spaziale fino ad allora sconosciuta. A ciò arriva non solo mediante l’uso della prospettiva ma anche grazie al chiaroscuro che, applicato per la prima volta al mosaico, conferisce ai personaggi una netta consistenza volumetrica.
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Autore ignoto - Natività - miniatura
In questa miniatura è rappresentata la nascita di Gesù Cristo. In primo piano vi è Maria che ha appena partorito ed è sdraiata sul letto. Appoggiato alla spalliera, Giuseppe è raffigurato seduto mentre osserva Maria, in un atteggiamento pensoso. In fondo, in uno spazio delimitato da un arco, ma che vuole suggerire l’idea della prospettiva, giace in una mangiatoia Gesù bambino, che viene riscaldato dal bue e dall’asinello. La maggior parte delle linee sono curve ed esprimono movimento nel drappeggio dei vestiti, mentre nella cornice prevalgono dei segmenti. La luce viene accentuata dal colore dorato rappresentato sullo sfondo. Predominano i colori caldi, come il dorato l’arancione e il marrone, che danno vivacità alla rappresentazione. I colori tenui, quale l’azzurro si ritrovano nelle vesti dei personaggi, nell’arco e nelle linee orizzontali della cornice. Le proporzioni dei personaggi sono ben rispettate e risultano in armonia tra loro. Il volume in questa miniatura è dato dalla dimensione dei corpi ed è evidenziato dai colori caldi e dalla luminosità che essi producono. I colori caldi conferiscono all’opera una atmosfera di intimità e di serenità per il lieto evento. L’autore, probabilmente, ha voluto esprimere la gioia per la nascita del Bambino Gesù, la semplicità, la familiarità e l’amore. |
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Aurore ignoto - Adorazione dei Magi - Miniatura
L’opera presentata è una miniatura (da miniare, ovvero dipingere utilizzando il minio, un colore rosso intenso, che nei manoscritti serviva per evidenziare rispetto al resto del testo, vergato in inchiostro nero o scuro, i titoli, le iniziali, alcuni punti di particolare importanza). Si può ipotizzare che sia stata realizzata in epoca tardogotica, quindi verso l’ultimo quarto del XIV secolo, rappresenta l’Adorazione dei Magi. Sulla sinistra, la Madonna è raffigurata seduta, con in braccio Gesù, San Giuseppe è al suo fianco, mentre i re Magi sono collocati di fronte, disposti quasi in semicerchio. Uno dei Magi è in ginocchio, nell’atto di offrire un calice a Gesù, ed è in posizione più centrale, mentre gli altri due sono in piedi, alle sue spalle, sul lato destro della scena. I personaggi sono riparati da un tetto di legno, che li sovrasta come una cornice, assumendo la forma di due triangoli. Nella parte superiore della scena si intravede, come sfondo, il cielo stellato, mentre alle spalle dei personaggi, il paesaggio è rappresentato in modo essenziale, sotto forma di campi e colline alberate. Le figure sono molto eleganti e, tranne Gesù bambino, indossano abiti dai colori vivaci (rosso, blu, oro), che vengono riprodotti con precisione negli armoniosi panneggi. Per l’eleganza delle forme e per la raffinatezza del tratto, l’opera sembra richiamare i tratti distintivi del gotico europeo, in particolare quello di area francese, caratterizzato dal gusto per la dimensione fiabesca della raffigurazione. Nell’ottica di questo stile, che richiama i valori della civiltà cortese e del mondo cavalleresco, la raffigurazione di uno dei Magi in ginocchio, al centro della scena, potrebbe rappresentare l’atto di sottomissione di un cavaliere al signore feudale. L’opera presenta altri elementi caratteristici del gotico europeo, come la descrizione minuziosa dei particolari, con riferimento ai motivi floreali di quella che rappresenta la cornice e lo scarso interesse per i problemi spaziali, che vengono risolti con una riproposizione di schemi semplici. Dal punto di vista degli spazi, infatti, le figure, possono essere idealmente inserite in uno schema di tipo circolare, anch’esso ispirato al simbolismo medievale, così come vengono proposti schemi convenzionali anche nella raffigurazione dei tratti del volto dei personaggi, caratterizzati dalla fissità espressiva tipica dello stile tardogotico. |
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Autore ignoto - Natività - miniatura (XII - XIII sec.)
In primo piano sono evidenti le figure della Madonna e di San Giuseppe in adorazione del figlio appena nato che riposa su un comodo letto di colore rosso e non sul giaciglio di paglia a tutti noto. Ai piedi del letto compare anche una panca imbottita di colore rosso e giallo oro, inusuale in una grotta all’aperto. I colori sono molto vivaci e intensi, tipici delle miniature. Colpisce in modo particolare il volto della Madonna le cui caratteristiche somatiche non ci riportano alla sua abituale immagine: il volto appare tondeggiante, cereo e con una capigliatura folta ma poco aggraziata; lo sguardo sembra inespressivo. Il mantello di un intenso colore blu, contrasta con il rosso vivace del letto che le è accanto. San Giuseppe, in basso rispetto agli altri personaggi, si occupa di asciugare i panni del proprio figlioletto, se ne occupa attivamente e amorevolmente, è collaborativo all’interno del suo nucleo familiare. Ha uno sguardo misericordioso in sintonia con quello della Madonna. Il bue e l’asinello, posti in fondo alla miniatura sembrano gioire della nascita del Bambinello e sono ubicati quasi al di fuori dell’intera scena. Su tutti domina la luce di Dio, l’occhio che vigila e splende nell’azzurro cielo notturno d’inverno che funge da sfondo all’intera rappresentazione e ai diversi personaggi. Il dipinto ci appare luminoso e di grande effetto proprio grazie all’uso di questi colori così vivaci che conferiscono all’opera una grande forza espressiva e simbolica. Il tutto è racchiuso in una cornice che richiama lo stile prettamente gotico, intorno alla quale compaiono fiori ed un frammento di testo a piè di opera. |
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Giotto - La fuga in Egitto - affresco - 1290-1304 Commissionato dal Cardinale Napoleone Orsini - Assisi, Basilica inferiore di San Francesco
Il dipinto rappresenta un episodio dell'infanzia di Gesù: infatti sono raffigurati Maria e Gesù Bambino, sul dorso di un asinello, e San Giuseppe, che guida l’animale, mentre fuggono in Egitto, per sottrarsi alle persecuzioni del re Erode, dopo esser stati avvertiti in sogno da un angelo. In alto, a destra, sono raffigurati due angeli, uno dei quali indica la strada alla Sacra Famiglia che, seguita da altri due personaggi, procede con impavida e serafica calma tra le colline, sulla sabbia, dando l’impressione che ormai sono lontani dal pericolo che incombeva. Giotto, rappresentando il paesaggio, non più astratto, secondo il tradizionale stile pittorico medievale, ma caratterizzato, in alto, da due costruzioni trecentesche, che danno l’illusione della profondità, e, più in basso, da cespugli e alberi, senza un humus naturale, per sottolineare l’aridità del terreno, ha saputo realizzare una scenografia tridimensionale, nella quale sembra perfino di poter entrare. Il paesaggio, dalle tonalità chiare e scure e dai riflessi lunari, è illuminato dal colore blu oltremare del cielo terso, del mantello della Madonna e di qualche particolare dell’abito di San Giuseppe, un colore profondo e splendente, luminoso e reale che Giotto dava a secco, cioè a calce asciutta, perché il pigmento dell’azzurrite non legava con la calce. |
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Gentile da Fabriano - Fuga in Egitto (segmento della predella della pala d’altare: Adorazione dei Magi) - tempera su tavola (25x88) - 1423 - commissionata da Noferi Strozzi. Attualmente l’opera è esposta nel museo degli Uffizi a Firenze
L’opera, commissionata per essere collocata nella chiesa di Santa Trinita a Firenze, rappresenta un episodio della vita di Gesù, la fuga in Egitto. Gli altri due segmenti della predella rappresentano la Natività e la Presentazione di Gesù al Tempio. La pala d’altare rappresenta il cammino dei tre saggi orientali che seguirono la cometa per arrivare da Gesù. Guardando l’opera si nota un’atmosfera di attesa, un clima rassegnato e dolente che contrasta con lo splendore e lo sfarzo della scena madre. L’episodio si sviluppa in orizzontale: in primo piano Maria, a cavallo di un asino, tiene in braccio il Bambinello e lo stringe al seno in atteggiamento protettivo; singolare è l’incrocio di sguardi tra la mamma e il piccolo Gesù. Giuseppe, a piedi, guida la sua famiglia e appare cauto nell’incedere. Sulla sinistra due dame, che non appartengono a quel periodo storico e indossano abiti aristocratici, sono intente a una raccolta di frutti e mostrano indifferenza verso i viandanti. Rispetto al cromatismo usato nella pala, illuminata dall’oro e dalle pietre dure che impreziosiscono l’opera, nella predella non c’è vivacità di colori, prevale lo sfumato, le linee sono ben definite, domina una sommessa sobrietà. |
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Gentile da Fabriano - L’ Adorazione dei Magi - tempera e foglia d’oro su tavola (cm 203 x 282) - 1423 commissionata da Noferi Strozzi, per la chiesa della S. Trinità di Firenze - Firenze, Galleria degli Uffizi
Il dipinto fa parte di una Pala d’altare di forma gotica con tre cuspidi e pinnacoli. Rappresenta il corteo dei magi che si snoda tra la città di Gerusalemme, in alto, e la grotta di Betlemme in basso, con il bue e l’asinello. Una fiabesca cavalcata che dal fondo della pala, in alto, si muove in un paesaggio notturno, illuminato dalla cometa, per arrivare in primo piano alla scena principale, quella dei re Magi giunti a destinazione per omaggiare il Bambino Gesù. Tutto lo spazio prescinde da qualsiasi regola prospettica ed è affollato da figure che si accalcano intorno alla grotta e si sovrappongono in maniera caotica e festosa. La figura più appariscente al centro della scena è il bellissimo giovane Mago, in veste di cavaliere, pronto per un torneo fra aristocratici, mentre un palafreniere tiene a freno il suo cavallo e un altro gli allaccia gli speroni. Le forme eleganti e sinuose dei personaggi, la preziosità delle vesti, la minuzia di ogni particolare, rendono la scena più fiabesca che reale, mentre l’applicazione di foglie sottilissime di oro zecchino crea un effetto di luce diffusa e sposta l’occhio dello spettatore da un particolare all’altro. In questo dipinto Gentile da Fabriano interpreta pienamente gli ideali di sfarzo, di distinzione di rango e la raffinata cultura della società aristocratica. Furono queste le caratteristiche stilistiche tipiche del Gotico internazionale di cui egli fu uno dei maggiori rappresentanti in Italia e questo dipinto è considerato il suo capolavoro. |
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Conrad Von Soest- Presepio -tempera su tavola (cm 188 x 152) - 1403 Commissionato dalla badessa dell’abbazia cistercense delle monache di Frondberger Dortmund, Chiesa di St. Marine
Il dipinto fa parte di una pala d’altare rettangolare composta di tre tavole apribili (generanti un trittico), che rappresentano, al centro, la scena della Crocifissione, a sinistra, la nascita e la vita di Gesù, a destra, la Passione di Cristo. Il dipinto rappresenta un presepe insolito e un po’ fantastico: infatti la figura della Madonna, che abbraccia teneramente il figlio appena nato, è semisdraiata in un letto completo di guanciale, lenzuola e un’ampia coperta rossa, mentre Giuseppe, ginocchioni, soffia sul fuoco acceso per riscaldare la pappa per il bimbo. La capanna è caratterizzata da un tetto spiovente, coperto in parte dalla paglia, e da una mangiatoia, da cui si protendono i musi del bue e dell’asinello. La tavola, proponendo oggetti decorativi (ciotole e vasi) e figure realistiche, colorite, sinuose ed eleganti, che evocano il mondo favoloso delle corti europee della fine del 1300, ormai isolate in una società borghese, rappresenta il momento culminante del tardo gotico, detto “fiorito” o “tenero” per la ricchezza ornamentale. La tavola suscita suggestioni ed emozioni e per la particolare architettura della capanna, che appare instabile, e per i colori luminosi, intensi e brillanti, quali il rosso che trasmette amore e calore, il blu, pace e tranquillità e il giallo forza ed energia. |
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Beato Angelico - L’ Annunciazione - tempera su tavola (cm 154 x 194) - 1426 c.a. Pala destinata al Convento di S. Domenico di Fiesole, Firenze - Madrid, Museo del Prado - Collezione Reale
Il dipinto si sviluppa sul pannello centrale della Pala d’altare e rappresenta due episodi del Nuovo Testamento: l'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele a Maria e la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso. La scena si svolge in un portico rinascimentale aperto su un giardino fiorito. Nello spazio esterno, a sinistra, viene rappresentato il peccato originale dei due progenitori. All’interno del colonnato, il momento in cui l’angelo annuncia a Maria che diventerà la madre di Dio. Le figure sono una di fronte all’altra; l’angelo è nell’atto di inginocchiarsi e Maria, in posizione di ascolto, è seduta su un seggio coperto da un ricco drappo ed ha sulle ginocchia un libro aperto, simbolo delle scritture che si avverano. La loro posa favorisce lo scorrere dello sguardo dall’una all’altra. Dall'angolo in alto a sinistra scende un raggio di luce divina che, attraverso la colomba dello Spirito Santo, va ad illuminare la Vergine, che si piega accettando remissivamente il suo incarico mentre le arcate del soffitto assumono le sembianze di una volta celeste. L'effetto di insieme è quello di una descrizione preziosa dei vari dettagli. La composizione è equilibrata ed è costruita secondo le regole della prospettiva centrale, con il punto di fuga piuttosto alto che dà la massima ampiezza allo spazio in cui sono collocate le figure; i colori brillanti e freddi, nelle armonie cangianti degli azzurri e dei rosa danno naturalezza alle figure ed evocano una atmosfera imbevuta di luce. Questi caratteri sembrano esprimere l’armonia e l’ordine divini propri del Beato Angelico che considerava l'arte un aspetto della devozione religiosa. Egli riunì nel suo stile elementi della tradizione tardogotica italiana con il nuovo linguaggio rinascimentale. |
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Raffaello Sanzio - Sacra Famiglia con Agnello - Olio su tavola (cm 29 x 21) - 1507 Madrid Museo Nacional del Prado
Firmato e datato sullo scollo della Vergine: “Rapha[el] Urbinas MDVII IV”, il dipinto è firmato e datato al 1507 con l’aggiunta di “IV” che potrebbe riferirsi all’anno del pontificato di Giulio II. L’opera si colloca nel momento di più intensa elaborazione del tema di massimo interesse per Raffaello negli anni fiorentini, quello del movimento dei corpi nello spazio, cui egli si dedicò sotto la forte suggestione dell’opera di Leonardo. Il gruppo è dotato al suo interno di un’articolazione armonica in grado di generare una composizione animata inserita nello spazio, dove i pieni e i vuoti si compenetrano in un fluire continuo e naturale che sembra scaturire non da fenomenologie fisiche, come in Leonardo, ma dall’intensità emotiva che le percorre. L’opera ha il dono di parlare del divino con la semplicità di un sentimento: mai l’umanità del sacro è stata così evidente nelle cose. Il tema della Madonna e il Bambino è predominante negli anni a cui l’opera fa riferimento. Partendo dalla staticità delle Madonne umbre, dove il contorno serviva a delineare le figure sulla superficie, Raffaello comincia ad arrotondare i bordi espandendo dall’interno il volume plastico delle figure e dotandole di una dinamica che le lega le une alle altre secondo un ritmo scandito dai moti sia fisici che psicologici: poiché la dinamica dei corpi in movimento era per l’artista il problema di massimo interesse. Raffaello riesce a sviluppare le due posizioni opposte di Leonardo e Michelangelo. L’uno sprofonda nella natura per cercare in essa la verità del reale, l’altro trascende la natura per cercare la verità nel sopranaturale, nella trascendenza mistica dell’uomo solo davanti a Dio. Raffaello invece trova nella natura evidenza, armonia, verità. La natura non è né da concepire intellettualisticamente, come fa Leonardo, né moralmente, come fa Michelangelo. Tutto è dato nella natura, anche il divino ed essa coincide con l’essere e l’esistere, è perfetta armonia. |
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Giorgione - Adorazione dei pastori - olio su tela (cm 90.8 x 101.59) - 1505 ca. Washington, National Gallery of Art - Samuel H . Kress Collection Commissionato con molta probabilità dalla Marchesa Isabella D’ Este.
Il dipinto che si sviluppa in senso orizzontale rappresenta una tipica scena del presepe tutta incentrata sulla figura di due pastori in adorazione del Bambin Gesù, il cui corpo appare di una luminosità intensa. Le figure della Madonna e San Giuseppe occupano uno spazio ben definito e i loro volti sono tutti concentrati sull’immagine del Figlio appena nato. I personaggi della tradizione evangelica sono raffigurati all’interno (dinanzi ad una grotta naturale) in una paesaggistica prettamente “veneta”, dove non mancano armoniosi effetti luministici del tipo chiaroscurale. Alcune piccole figure si intravedono nel fondo, come quella seduta dinanzi alla grande entrata di un grande edificio con un caratteristico tetto, o quella di una fanciulla che si diverte aggrappandosi al tronco dell’albero ubicato al centro, alle spalle del pastore in piedi. Il quadro, pur condividendo l’atmosfera ancora quattrocentesca, mostra già l’evoluzione in senso moderno dello stile di Giorgione. Dal primo piano all’orizzonte, il senso di profondità è graduale e bilanciato. Le figure ben proporzionate e tornite. Nel volto di San Giuseppe sta cominciando l’indagine attorno alle possibilità di rappresentazione dei “Moti dell’Animo” che tanto lo caratterizzeranno e lo renderanno noto. |
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Giovanni Giriamo Savoldo - Adorazione dei pastori - olio su tavola (cm 192 x 180) - 1540 ca. Commissionata dalla nobile famiglia Bargnani - Brescia, Chiesa di S. Barnaba.
Il dipinto appartiene al genere “presepiale”: San Giuseppe e la Madonna adorano il Bambino appena nato all’interno di una mangiatoia, mentre tre pastori contemplano la scena dall’esterno. In primo piano è il gruppo della Sacra Famiglia, collocato in uno spazio angusto delimitato dalla muratura sconnessa e dalla tettoia di fortuna di una stalla in rovina. Al centro il bimbo appena nato, adagiato nudo a terra su un panno bianco che solleva con la mano sinistra; ai due lati S. Giuseppe e Maria. Il primo, accovacciato, poggia il braccio sinistro su un muretto squadrato, mentre la seconda è inginocchiata e con le mani giunte in posa orante. Alle sue spalle, dietro un recinto di legno, s’intravedono le sagome del bue e dell’asino. In secondo piano due pastori si affacciano da una finestra ricavata sulla parete di fondo, mentre un terzo è inginocchiato dietro un basso muretto in posa contemplativa . Sullo sfondo chiude la scena un paesaggio lunare illuminato dal bagliore accecante dell’angelo che annuncia il miracoloso evento. Il dipinto colpisce per l’ equilibrio compositivo e cromatico. per l’atmosfera intima e serena, per il realismo pacato ma attento e, soprattutto, per l’uso sapiente della luce . Il pittore ne colloca la fonte all’interno del dipinto, in quel bagliore che squarcia il cielo notturno per celebrare il mistero dell’ Incarnazione. |
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Michelangelo Merisi da Caravaggio - Riposo durante la fuga in Egitto olio su tela (cm 135,5 x 166,5) - 1595-1596 - Roma, Galleria Doria Pamphilij
Non si conosce il committente del dipinto, ma vista l'importanza data al tema della musica, si è ipotizzato l'ambiente degli Oratriani di San Filippo Neri. Il dipinto, uno dei capolavori della produzione giovanile di Caravaggio, rappresenta la Sacra Famiglia mentre riposa durante il viaggio verso l’Egitto. La composizione, che si sviluppa in senso orizzontale, è scompartita dalla figura dell'angelo di spalle, intento a suonare il violino. A sinistra, S. Giuseppe, vecchio e affaticato, sorregge lo spartito; a destra dell'angelo, circondata da una vegetazione rigogliosa, si trova la Madonna addormentata con il Bambino in braccio. Entrambi sono raffigurati in maniera idealizzata e la bellezza dei loro tratti contrasta con la resa naturalistica di San Giuseppe. Alcuni musicologi hanno riconosciuto nello spartito riprodotto nel dipinto un mottetto del musicista fiammingo Noel Bauldewijn, basato sul testo del Cantico dei Cantici, ove lo sposo e la sposa sono identificati con Giuseppe e Maria, ed il cui testo recita: "Io dormo, ma il mio cuore veglia" (ovvio riferimento al sonno di Maria). Tutta la scena è permeata dalla pace e dalla serenità di un meritato riposo, pienamente intuibili grazie all'azzeccata scelta dei colori caldi e al tratto morbido e armonioso delle linee. |
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Orazio Gentileschi - Annunciazione - olio su tela (296x196) - 1623 ca. commissionata da Carlo Emanuele Di Savoia - Torino, Galleria Sabauda
Il tema del dipinto è l’Annunciazione della venuta di Gesù Bambino: l’Angelo si prostra dinanzi alla Madonna annunciandole che diverrà mamma per opera dello Spirito Santo. La scena si svolge all’interno di una stanza descritta dettagliatamente. La Vergine è in piedi, sulla sinistra, chiusa in un mantello che stringe a sé. Rivolge la testa e lo sguardo verso il basso mentre solleva la mano in segno di devozione verso l’Angelo inginocchiato. In alto a destra appare la colomba dello Spirito Santo che entra, come la luce diurna, dalla finestra aperta e sembra illuminata da un bagliore celestiale. Le linee sono particolari per l’eleganza dei contorni. In prevalenza sono curve e disegnano forme compatte, figure in proporzione tra loro. Il colore esplode nell’opera e occupa prepotentemente le varie parti del quadro: la parte centrale e superiore con il rosso di una tenda drappeggiata e animata dalla luce che pervade la stanza; la parte centrale con il prevalente e allusivo candore delle lenzuola di lino; la parte inferiore con il drappeggio dell’abito amaranto della Vergine e della veste giallo-ocra dell’Angelo. Per questo dipinto di carattere devozionale, l’autore elabora uno stile in cui la fusione tra classicismo raffaellesco e realismo fiammingo è interpretata con raffinata sensibilità. La cultura elegante dei toscani prende vita nella bellezza aristocratica della Vergine con il suo appena accennato gesto di sottomissione al volere divino. |
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Harmenszoon Van Rijn Rembrandt - La Santa Famiglia - olio su tela (cm 123x183) - 1633-1635 ca. Ancienne Pinacotheque de Munich.
Il dipinto si sviluppa in senso verticale e rappresenta la scena della Natività con i consueti protagonisti: San Giuseppe, la Madonna e Gesù Bambino. I personaggi sono inseriti in un ambiente umile e quotidiano, l’interno di una stalla; infatti, possiamo notare, sullo sfondo, in alto a sinistra, attrezzi da lavoro; in basso a sinistra si intravede la zampa di un animale; in basso a destra una culla. La luce, proveniente da sinistra, illumina il volto e il petto della Madonna e il viso del Bambinello, che dorme tra le braccia della Madre avvolto in un panno e in una pelliccia. Il volto della Madonna appare sereno, mentre guarda e tocca con tenerezza il piedino di suo Figlio. Accanto alla Madonna, meno illuminata dalla luce, c’è la figura di San Giuseppe, anch’egli assorto nella contemplazione di suo Figlio, che appare, così, il centro del dipinto. La luce ed i toni caldi e bruni danno maggiore evidenza alle forme e ai volumi delle figure umane, che emergono dallo spazio, fissandone la sacralità. Il dipinto, esempio di realismo tipico dell’arte di Rembrandt, trasmette un’idea di semplicità, quotidianità, serenità ed affetto familiare. |
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Corrado Giaquinto - Natività - olio su tela (cm 243x204) - 1735 ca. - commissionata dalla nobile famiglia de Paù, originaria di Bitonto - Terlizzi, Chiesa dell’Immacolata
Il dipinto che si sviluppa in senso verticale, rappresenta una tipica scena “presepiale”, tutta incentrata sulla dolcissima figura della Madonna in adorazione del figlio appena nato, il cui corpicino irradia una luce talmente forte da richiedere alla figura in primo piano la necessità di proteggersi lo sguardo. Appena visibile, in alto a sinistra, un cielo notturno d’inverno che funge da sfondo ai vari personaggi che, dalla penombra fino al controluce in primo piano, creano lo spazio dove far vivere questa rappresentazione. È la luce che guida l’occhio del fruitore a soffermarsi prima sulla Madonna che occupa la posizione centrale della scena, per poi, seguendone lo sguardo, venire accecati dal bagliore di Gesù bambino, il quale, posto nudo sulla mangiatoia, irradia di luce propria, tanto da rischiarare tutto intorno a sè. Come nella tradizione barocca, in primo piano e in basso, due figure di pastori in controluce fungono da quinte teatrali, aumentando la profondità spaziale e la forza espressiva/simbolica della luce emanata dal bambino. Il dipinto si colloca nel periodo più maturo del pittore, quando la sua pittura si fa più velata ed i colori risultano giocati sui semitoni. Una delle caratteristiche del Giaquinto è l’uso del rosa, del rosso e dell’azzurro nell’incarnato, che riesce a dare alla pelle trasparenza e luminosità. |
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Paul Gauguin - TE TAMARI NO ATUA - olio su tela (cm 96 x131) - 1896 Nuova Pinacoteca Monaco di Baviera
Il quadro risale al periodo che l’artista trascorse a Tahiti e rappresenta una trasposizione di immagini cattoliche in ambiente polinesiano in polemica non solo artistica ma sociale con il mondo e le consuetudini borghesi. Nel dipinto che si sviluppa in senso orizzontale Maria ha il volto caratterizzato da tratti indigeni e giace sul letto dell’ intenso colore giallo. Un’altra donna tiene il bambino in braccio e sullo sfondo, a destra, due buoi vicini ad una mangiatoia ripropongono un altro elemento iconografico tipico delle Natività. TE TAMARI NO ATUA (la nascita di Cristo, figlio di Dio) è un esempio della concezione della pittura di Gauguin, per il quale un dipinto non è il semplice risultato di un complesso di percezioni trasferite su tela, ma è un messaggio dell’artista, la comunicazione di un pensiero. Il sonno e il sogno della ragazza si materializzano nella tela con l’immagine della sacra famiglia tahitiana e del presepe; nello stesso tempo nella capanna è presente un totem, segno dell’unità sostanziale dei miti religiosi. La reale esistenza della giovane compagna dell’artista che attende un figlio e sogna la sua natività è abbinata alla concreta rappresentazione dei fantasmi del suo sogno e, nel contempo, alla teorizzazione della pittura di memoria, fatta da Gauguin. E poiché nella memoria i minuti particolari di una scena svaniscono e i colori si attenuano, essi non splendono e non vibrano sulla tela. Analogamente, poiché l’immagine occupa uno spazio e un tempo interiori, non possono esservi effetti di luce: infatti la luce non incide ma emana dalle cose stesse, dal contrasto del corpo olivastro e della veste turchina col giallo chiaro del letto. Blu e giallo sono colori complementari, sommati danno il verde, e verdi sono le ombre della coperta, verdi e blu i toni dominanti nel fondo. Ciò che infine colpisce di quest’opera è soprattutto la semplicità della scena, che crea un’atmosfera di tranquilla contemplazione di un evento sospeso tra il sacro e il quotidiano. |
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Émile Bernard - Fuga in Egitto - olio su tela - 1889
La scena si svolge in un paesaggio collinare dall’andamento docile e antropizzato dove, su una strada che attraversa il dipinto da sinistra verso destra, si spostano nel loro andare San Giuseppe e la Madonna. Quest’ultima, sul dorso dell’asino, tiene tra le mani il bambino Gesù nudo, quasi come ad offrirlo al mondo. Allo stesso modo i due angeli che in volo seguono la coppia, ripetono lo stesso gesto portando tra le mani un vassoio con le vivande. Sulla sinistra, in primo piano, agili alberi contribuiscono a rendere la composizione equilibrata e naturale, nonostante l’utilizzo irreale del colore che viene steso con ampie campiture piatte e quasi prive di chiaroscuro. Infatti Émile Bernard è tra i fondatori della “Scuola di Pont-Aven” in seno alla quale esprime le sue teorie sul "sintetismo" (visione idealizzata delle forme espresse in colori intensi, chiuse da un contorno grafico per dar maggior risalto ai vari toni). Egli portò avanti le teorie e la sperimentazione insieme ad altri artisti tra cui Paul Gauguin, con il quale strinse un forte sodalizio, concordando con lui sulla necessità di dipingere a memoria e non più dal vero, concetto fondamentale dell’estetica simbolista. |
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D. G. Rossetti - Ecce Ancilla Domini - olio su tela (cm 72,4 x 43) - 1850 - Londra, Tate Gallery
La scena rappresentata dal Rossetti è quella dell’Annunciazione. L’autore imposta geometricamente l’intera composizione attraverso linee ben definite che contornano i corpi dei due personaggi rappresentati ed esprimono dolcezza, sinuosità e morbidezza. Dal punto di vista spaziale, l’opera si può suddividere in più piani: nel primo piano e al centro della rappresentazione troviamo i due personaggi: l’Arcangelo Gabriele e la Vergine Maria. Dietro di loro, sullo sfondo, parte di una finestra e tutt’intorno a loro l’arredamento spoglio ed essenziale tipico di una casa di quel tempo. L’opera è importante sul piano espressivo: giocato sui colori chiari, sul bianco e su raffinati accostamenti cromatici, cui si attribuiscono valori simbolici, tipici dello stile preraffaellita proprio del Rossetti. La luce, in questo dipinto, è diffusa ed illumina la rappresentazione. I colori prevalentemente usati sono tre: il bianco usato soprattutto nelle vesti della Vergine e dell’ Angelo Gabriele. Poi vi è l’oro usato per sottolineare le aureole dei personaggi e il carattere religioso del dipinto. Infine vi è l’azzurro utilizzato come sfumatura del bianco. La rivoluzione rossettiana consisteva nel fatto che un evento capitale della storia cristiana fosse reso in modo così malinconico. Il destino fatale della fanciulla, la Vergine Maria, era già definita in alcuni versi rossettiani de “L’adolescenza della Vergine”: “… finchè un’alba nella casa si svegliò nel suo letto bianco, / ne ebbe timore / poiché la sicurezza del tempo era giunta”. |
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Alberto Savinio (pseudonimo di Andrea Francesco Alberto De Chirico) - L’Annunciazione olio su tela (cm 75 x 99) - 1932 - Milano, collezione privata
Il dipinto, si sviluppa verticalmente; la superficie è dominata dalla finestra da cui compare il faccione enorme dell’Arcangelo Gabriele. La Madonna è seduta in basso a sinistra ed ha subito la caratteristica metamorfosi da donna a pellicano, che Savinio aveva già utilizzato per il ritratto della propria madre. La finestra ha una deformazione tipica da espressionismo tedesco: è aperta su un cielo scuro e cupo e da essa appare il volto dell’angelo, gigantesco nelle sue proporzioni, come il mistero di cui è simbolo. La Madonna ha la testa di pellicano, dato che esso è, già dal Medioevo, simbolo della bontà e dell’amore materno; si riteneva infatti che il pellicano, in caso di necessità, fosse capace di svenarsi col becco e di nutrire la prole con il proprio sangue. In Savinio l’Annunciazione diviene un pretesto per rappresentare il rapporto tra l’uomo e la divinità ossia il rapporto tra l’uomo e il sacro, che si presenta alla finestra dei nostri piccoli spazi come qualcosa di gigantesco. Enorme, come il mistero della nascita e della sua sacralità, che travalica il semplice significato dell’apparire di una nuova vita. Il dipinto, caratterizzato da tonalità brune, si stende sulla superficie con ampie stesure di colore, mentre il chiaroscuro è reso da sovrapposte pennellate a tratti ravvicinati a mo’ di tratteggio. |
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Gisberto Ceracchini - Famiglia - olio su tela (cm. 176 x 203) - 1923-1932 - Roma, collezione privata
Il dipinto, eseguito nel 1923, è stato modificato dall’artista nel 1932 in occasione dell’Esposizione alla Biennale di Venezia, ha come soggetto la rappresentazione della Sacra Famiglia in una scena tipica di vita rurale e popolare. I personaggi seguono una costruzione disposta lungo diagonali, da cui risulta una visione geometrica e arcaicizzante della forma delle figure classiche, che talvolta non appaiono realistiche. Ha come tema iconografico la nascita del bambino che non sconvolge la normale vita quotidiana. Il punto focale della composizione converte sul bambino che appare più chiaro rispetto alle altre figure e messo in risalto da un contrasto di luce. La pittura dell’artista, definito “il più fervido ideatore” nel gruppo degli irrealisti, si pone come rifiuto dei linguaggi secessionisti e futuristi degli anni ‘20 e ‘30. Ceracchini impersona un certo gusto della cultura del suo tempo, il “ritorno all’ordine” appoggiato dal regime fascista, ad esaltazione dei sani valori della vita agreste. Egli recupera la pittura tradizionale di Giotto e il ‘400 italiano contro le avanguardie che mettono in discussione il concetto stesso di arte.
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